The writing on the wall

Così tanti anni,
Così tanto tempo.
La tua assenza mi sommerge
in un mare calmo.

…in un istante il tempo si era fermato, forse era un sogno, o forse erano solo specchi che riflettevano ombre. Frank in quel momento aveva paura di non riuscire più a sentire Walksalone, mentre dentro ai suoi pensieri una voce gli domandava:

Quanto ti è costato ridurre la bestia ad animale domestico?
Quanto hai guadagnato dal renderla pacifica e affabile?
Adesso che non c’è più la birra fredda ad aspettarti sul bancone, adesso che ti sei reso conto che la mia cattiveria e la mia risolutezza ti avrebbero fatto comodo, solo ora hai paura di non sentirmi più?

Across a painted desert lies a train of vagabonds
All that’s left of what we were, it’s what we have become
Once our empires glorious but now the empire’s gone
The dead gave us the time to live and now our time is done

Nelle cuffie: The writing on the wall, Iron Maiden.

I’m the fucking musketeer

Frank guarda la lancetta del contachilometri, segna 160km/h.
benzina che s’incendia nei cilindri e il vibrare ritmico del manubrio.
Il rombo del motore che ad alti regimi si fa sempre più cupo.
Il vento che lo sferza e non gli da tregua.

Qualcosa di sopito da lungo tempo si sta risvegliando.
Walkaslone sorride perché lo sa bene.
Sa quanto è ancora possibile girare la manopola del gas.
Sa qual è il limite che Frank riesce a sopportare prima di lasciargli il controllo.

Stanno correndo in questa vita al limite delle difficoltà.
Stanno invecchiando, ma non troppo in fretta perché sono ancora qui.
Ferite che si riaprono, ma le fiamme che attraversano
gli danno la forza di andare avanti prima di iniziare a sanguinare.

Nelle cuffie, Gentlemen, Vike

Una nave sgangherata che fa acqua e perde pezzi

Avevo già esperienza di  acque agitate e mari in tempesta, il 2014 è stato e ancora è  nella vitiligine che ho sul viso, pronto a ricordarmi in ogni momento, ogni volta che mi guardo allo specchio, quanto da un minuto all’altro, senza troppo preavviso, tutto può cambiare e nulla tornare più come era prima.

Con questa nave che fa acqua da tutte le parti e che perde pezzi, contro ogni previsione, però sono arrivato fino a qui. Ma durante il viaggio dal mio ponte sono scomparsi compagni, lavori, amori e qualcuno addirittura si è buttato in mare. Dopo più di un anno di pandemia e di navigazione a vista però mi sento un po’ come un marinaio stanco.

Non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.

Per chi come me lavora nel “mondo dell’intrattenimento” sa quanto possa essere dura passare giorni che si susseguono così. No, non voglio lamentarmi, per fortuna (almeno per adesso) l’online ci ha salvato il culo da settimane intere di cassa integrazione riducendo la FIS al minimo. Però, in giornate intere e infinite di smart working, il silenzio del soggiorno e il ticchettio insopportabile dell’orologio della cucina, hanno davvero fiaccato il mio essere.  Alcuni problemi sono sempre lì, sotto il tappeto, ben nascosti anche quando pulisco. Ma la polvere è così tanta che il tappeto quasi non ce la fa più a nasconderla. La verità è che anni fa sarebbe bastato uno sfogo, una chiacchiera con un amico, o un  podcast come “Cachemire”  ad allietarmi la giornata… ma adesso, adesso è tutto diverso.

Per quelli come me che si sono avvicinati ai 40 senza sposarsi e fare figli, adesso è davvero un periodo strano. Fai delle call e sotto senti mogli che fanno altre call o figli che chiamano il papà o la mamma. Qualche volta, in momenti di debolezza, penso di aver sbagliato tutto e che quella solidità data da una situazione più stabile, potrebbe fare al caso mio, ma poi mi ricordo che la mia quota di CO2 in matrimonio e figli è meglio che la usi qualcun altro che in questo ci crede e non uno come me che invece proprio non ce la fa.

Vivere un periodo così, come ho detto, è stancante, il rumore della lavastoviglie mi ricorda il mare, e ci vorrei davvero andare, magari in moto già che ci sono, ma a me, il sole fa male e la spiaggia non è che mi piaccia così tanto. Quello che voglio dire è che vorrei evadere da qui, da questa prigione senza sbarre. Vorrei che tutto fosse più semplice e che la nostalgia di tempi in cui lo era, non mi prendesse così all’improvviso.

La mia nave scalcagnata naviga ancora in questa secca, il fondale è sempre lì in agguato per farla incagliare e io vorrei solo che fuori ci fossero più di 20 gradi e che il sole splendesse, in modo da dimenticare tutto questo e fuggire via.

Questo sarebbe una specie di SOS: aiuto, help, vorrei davvero fuggire via (possibilmente in sella al mio Mostro…).

Nelle cuffie: Hans Zimmer, Time

cavallo nero

Una birra stout e il sapore di caffè in bocca
non so bene cosa mi succede, ma qualcosa oggi si è rotto, aperto, come risvegliato
c’è ancora un cavallo nero che mi porta verso il mare
sono ancora libero in questa giornata di sole
nonostante le catene
nonostante tutto

‘Cause I loved you I was the fool
Believe in me believe in me
I’m Judas yeah Judas… Judas

Nel casco “British Lion, Judas”

Qui ed ora

Uomo col fucile
Il nemico è la tua naia
Sei prigioniero e resti solo
A difenderti dal freddo

Prendo in prestito queste parole tratte da “Prima guardia” dei Litfiba per tirare un po’ le somme di questo periodo e provare a descrivere come mi sento.
Sono al 13° giorno di quarantena più 5 giorni di autoisolamento e dopo tutto sono fortunato.

Positivo al virus cerco di rimanere positivo nella mente dopo un natale e un capodanno passati in solitudine. E non riesco a non pensare a quanto questo periodo assomigli a quello vissuto a cavallo tra il 2006 e il 2007. Ero più giovane, certo, ed ero diretto verso il mio futuro, in un’avventura che si sarebbe conclusa un paio di anni dopo.
Dentro sentivo la voglia di strappare via dalla pelle una versione di me che non mi rappresentava più. Un po’ come ho fatto anni dopo nel 2012 e ancora nel 2014.

Mi chiedo se ancora io ne sia capace, mi chiedo se, visto che il virus mi ha “graziato”, non sia, a questo punto, necessario. “Terza legge di Newton” dice Cooper in Interstellar: “devi lasciarti qualcosa alle spalle” (per andare avanti) e un po’ come Cooper vorrei lasciare questa versione di me cadere nel buco nero e separarmene per sempre.

Mi chiedo se uno più vicino ai 40 che ai 30 sia ancora capace di cambiare in modo radicale la sua vita, mi chiedo se non mi sono già giocato una grande parte della giovinezza mentre vorrei programmare il futuro.

Alla fine il periodo che tanto ho temuto è tornato, quando vedo giorno per giorno crollare le mie certezze e cadere una ad una le barricate che avevo alzato per difendermi. Così penso a tutto quello che potrei aver sbagliato, a tutto quello che non ho fatto per paura di fallire, al percorso che mi ha portato qui ed ora a scrivere su di un blog di quello che mi accade e che penso.

Così, ho maturato l’idea di aver lasciato che l’insoddisfazione, la paura, il rimpianto e il rancore corrodessero il mio essere da dentro e prendessero il sopravvento. Invece di mettere in crisi le mie convinzioni, ho provato a giustificarle anche quando erano palesemente sbagliate. Quindi, in questa versione di me che vedo cadere nel buco nero, vorrei confinare quanto mi ha portato fino a questo momento.

Come in passato sono conscio che il processo non sarà istantaneo, e spero vivamente di evitarmelo, ma ho paura che dovrà esserci altro dolore, sangue e sudore sul piatto. Vorrei che questa convenzione dell’anno che finisce con la speranza per il nuovo, per una volta, rappresenti davvero qualcosa.

In questo senso non faccio buoni propositi e dichiarazione di intenti, lascio solo che questa aura densa e nera come petrolio si dissolva e cada nel buco nero per poter tornare a respirare, per poter tornare a vivere.

Ma sì cazzo,
Buon 2021 a tutti!

Sullo schermo: Interstellar, scena del distacco nel buco nero.

Una tranquilla giornata d’autunno

Oggi è una tranquilla giornata di autunno dove, chi vive fuori dalla città come me, può riuscire ad ammirare i meravigliosi doni offerti dalla natura: scorci di vallate in cui si riescono a vedere le foglie sugli alberi fondersi in note colorate che vanno da un verde tendente al giallo fino all’arancione che diventa ruggine.

Oggi è una tranquilla giornata di autunno dove, tra gli scorci di vallate e i colori che si fondono, ci sono i viali alberati con le foglie che cadono a terra e vengono mosse da una brezza non troppo fredda e in cui si riesce a respirare l’odore di una stagione meravigliosa mentre fuori dal quadro idilliaco tutto il mondo va a puttane e imperversa la pandemia.

Oggi è una tranquilla giornata d’autunno dove, tra le vallate, gli scorci, i colori, gli odori inebrianti, il mondo che va a puttane e la pandemia, sono 40 settimane che vivo ai domiciliari in smart working tra un business che collassa, la FIS, il business che si riprende e poi ricollassa e nuovamente la FIS.

Oggi è una tranquilla giornata d’autunno dove tra le vallate, gli scorci, i colori, gli odori, il mondo che va a puttane, la pandemia, lo smart working, il business che collassa, la FIS, e tutto il resto, “Tranquillo”, come si dice a Roma, ha fatto una brutta fine…

Oggi è una tranquilla giornata d’autunno, ma non so bene il perché, mi gira un po’ il cazzo e non vorrei davvero scrivere tutta questa merda, così mi ripeto ancora una volta che devo essere l’uomo che desidero essere e non essere l’uomo che desidera essere l’uomo e così via.

Oggi è una tranquilla giornata d’autunno e mi ripeto che oggi è una tranquilla giornata d’autunno e continuo a ripetermi che oggi è una tranquilla giornata d’autunno e se per caso me lo dovessi dimenticare, oggi, è una fottutissima e tranquillissima e merdosissima giornata d’autunno.

E poi è lunedì. Fuck.

Nella Smart Tv in sottofondo: Sta andando tutto male, Domenico Bini

Imparare a camminare, di nuovo

Imparare a camminare, di nuovo.
Ma penso di aver sopportato troppo e troppo a lungo.
Così sono qui a chiederti da dove iniziare.

Mi hai tenuto nell’oscurità,
tra chi mi ha mentito e chi continua a farlo
quando ho smesso di sentire la tua voce nella testa.

Ho stretto le loro mani ma non ho visto anima nei loro occhi.
Ho giocato secondo regole che non sono mai esiste,
in un gioco che si è rivelato solo una lunga sequela di bugie.

Ed ho pensato che loro fossero, che loro potessero essere,
ma ho scoperto che il tempo non li ha cambiati, davvero.
E cosa mi è rimasto in mano?

Stringo un pugno di mosche.
Come tutto quello che dicevano di essere.
Come quello che volevano farmi credere.

Così in questo specchio mi guardo nuovamente.
Davanti alla possibilità di perdere tutto, di nuovo.
Chi sei adesso?

What if I say I’m not like the others?
What if I say I’m not just another one of your plays?
You’re the pretender
What if I say I will never surrender?

Nelle cuffie: The Pretender, Foo Fighters

14 anni

Ti dico e ti dirò sempre di non mollare e di farti forza, perché alla fine del tunnel credo con fermezza che ci sia sempre la luce.
Ma mentre cerco di essere con tutte le mie forze ottimista, la paura e il dubbio si insinuano dentro attraverso qualche crepa del mio essere, e vacillo davanti a tutto questo.

Cerco di essere più forte di quello che ero ieri. Dall’ultima crisi, dopo tutto, ne è passato di tempo e sono cresciuto. Ma ho una paura fottuta di quello che succederà. Ho paura di non reggere l’urto quando le mie spalle che, ora sopportano e ora non sopportano il peso che vi grava sopra, potrebbero cedere.

Dicono che “mal comune è mezzo gaudio”, ma qui di gaudio non c’è proprio un cazzo.
La verità è che la cura fa male quanto la malattia stessa e che il mondo che troveremo domani, nessuno potrà dire veramente come sarà.

Ma fra tutti questi pensieri, mi ricordo che ieri era il compleanno del blog: 14 anni di racconti, storie e di stronzate. Ne è passato di tempo da quell’esame di diritto dei mezzi di comunicazione eh?. Da quella bocciatura che diede origine a questa serie di post e che ancora oggi, per qualche ragione sconosciuta, mi tiene qui a scrivere.

Lo sai, dopo tutto il fallimento qualche volta, da il via a qualcosa di buono, non è vero?

E mentre vorrei lasciarmi andare al pessimismo e cedere definitivamente alla paura, proprio tu, attraverso queste pagine virtuali mi ricordi che c’è sempre speranza, e che non tutte le lacrime, come dice il vecchio Gandalf, sono per forza un male.

Così mi asciugo gli occhi e vado avanti. I ragazzi, dopo tutto, non piangono.

I tried to laugh about it
Cover it all up with lies
I tried to laugh about it
Hiding the tears in my eyes
‘Cause boys don’t cry

Nelle cuffie: The Cure, Boys don’t cry

Ritrovare il senso delle cose.

Ti ho detto che avrei dimenticato, ma non ci riesco.
Qualcosa è cambiato e tu lo sai,
anche se adesso faccio fatica a vederti.

Eppure mi basterebbe solo uno di quei giorni.
Anche adesso che tutto si è fatto nuovamente buio.
Anche se il vuoto che mi sono lasciato alle spalle prova ancora a inghiottirmi.

Forse sono troppo vecchio per questo.
Forse è troppo tardi per essere così.
Forse ho solo perso il treno ma sono ancora sulla banchina ad aspettare…

Nelle cuffie: Se tornerai, 883

Almeno per me

Ritrovare il senso delle cose.
Dentro le canzoni: è qui che in certo senso l’ho sempre cercato.
Ma è un discorso fuori luogo per chi come me è troppo vecchio, fuori tempo, fuori di testa. Almeno per alcuni.
Così, tra un compleanno di bambino e una calzetta della befana, mi ritrovo da solo davanti a svariate birre.

E io che non sono capace di fare come voi
E io che non voglio fare come voi
Come uno che è troppo vecchio
Troppo fuori (tempo) per fare così.

Ma la mia birra,
La mia birra è ancora fresca.
Il mio bicchiere è ancora pieno.
E io,
E io, io, dopo tutto, sono ancora vivo.
Sì, io sono ancora vivo.

Hey I, but, I’m still alive
Hey I, boy, I’m still alive
Hey I, I, I, I’m still alive, yeah
Ooh yeah… yeah yeah yeah… oh… oh…

Nelle Cuffie: Alive, Pearl Jam

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